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Storici, biografi, viaggiatori
La vita di Firenze fu descritta dai repubblicani Donato Giannotti (1492-1573), successore di Machiavelli nella segreteria dal 1527 al '30, autore di quattro libri Della repubblica fiorentina (1531); Jacopo Nardi (1476-1563), fuoruscito dopo l'ultima Repubblica ed esule a Venezia, autore di Istoria della città di Firenze dal 1494 al 1538; Benedetto Varchi (1503-65) già esule repubblicano, richiamato in patria da Cosimo per incarico del quale scrisse una Storia fiorentina in sedici libri, medicea, di spiriti tacitiani, di un Tacito visto come teorico di assolutismo e autore di abilità politiche adatte a rendere tollerabile il dispotismo.
Il Rinascimento è l'epoca della biografia come ritratto. La più nota collana di biografie è quella delle
Vite de' più eccellenti pittori, scultori ed architettori (1551) dell'aretino
Giorgio Vasari1 (1511-74), pittore e architetto discepolo di Michelangelo e Andrea del Sarto.
Le Vite sono circa duecento, da Cimabue a Michelangelo, secondo uno schema di progressiva ascensione delle arti del disegno, contengono notizie storiche e descrizioni di edifici, statue, pitture. Esse contengono un criterio non vero, quello del progresso dell'arte che culmina, in un continuo perfezionamento, in Michelangelo; ma i criteri rinascimentali (imitazione della natura, esaltazione dell'individualità) storicizzano la concezione vasariana. A Vasari si deve, del resto, l'idea di una rinascita delle arti dopo il Medioevo.
La prosa di storiografi, viaggiatori e autori di biografie mantiene un ordine ispirato al classicismo; e alla storia maestra di vita si ispira Vasari. Alle relazioni di viaggi (come il diario di Antonio Pigafetta e le pagine di
Delle navigazioni e viaggi di Giovanni Battista Ramusio) appartengono le lettere che il fiorentino
Filippo Sassetti2 (1540-1588), scrisse dall'India.
Dopo aver compiuto studi umanistici, filosofici e scientifici a Pisa, aver scritto su Dante, su Francesco Ferrucci, sul Furioso, su Aristotele, per le disagiate condizioni della famiglia e per desiderio di vedere cose nuove, andò a Madrid, Siviglia, Lisbona ad esercitare la mercatura; e quindi nel Malabar e a Goa (dove morì) per sovraintendere al commercio spagnolo delle spezie.
Nell'India Sassetti guardò le cose con occhio di sperimentalista, con fine senso di osservazione, confrontandole con quelle della vita fiorentina alla quale era legato da consuetudine con amici. Le notizie sul clima, la flora, i costumi, la religione, la lingua, il commercio, sono ricche di discernimento, di cultura, di arguzia; attraverso le lettere del Sassetti si può vedere chiaramente il valore di una tradizione culturale vigorosa e articolata come quella fiorentina, sempre presente nel giudizio sugli avvenimenti e nello stile preciso, quasi scientifico. Lo scrittore è tutto nella realtà, estremamente lontano dal modo studiato in cui un letterato da tavolino (il Caro, ad esempio) poteva scrivere le sue lettere.