Il calabrese Bernardo di Seminara (c. 1290 - 1350) che prese il nome di Barlaam fu dottissimo nella lingua greca. La sua vita è contrassegnata dall'ideale della riunificazione della Chiesa greca e di quella latina, dal perenne viaggiare tra Oriente e Occidente, Avignone e Costantinopoli. In Italia fu accolto da re Roberto, conobbe il Boccaccio che lo disse «piccolo di corpo ma grandissimo per scienza
». Nel 1342 è ad Avignone, insegna i primi elementi di lingua greca al Petrarca e legge il greco in curia; nominato vescovo di Gerace da Clemente VI, morì in questa città sede di memorie magnogreche e bizantine.
Il fascino dell'Oriente bizantino emettente i suoi ultimi bagliori attrasse il calabrese che scrisse opuscoli sull'unione delle due Chiese, un trattato Etica secondo gli Stoici, un'opera sulla processione dello Spirito Santo anche dal Figlio, epistole di controversie, libri di aritmetica algebrica in greco come i commentari aritmetici al libro di Euclide, i manuali di calcoli in numeri etc. Il suo umanesimo di ellenofono rimane una trama importante per gli «studia humanitatis
» che di lì a qualche decennio si svilupperanno e che hanno in lui un polemico, animato precursore. Alla sua morte il Petrarca scrisse: «magistrum perdidi, sub quo militare coeperam magna cum spe
».
Leonzio Pilato di Seminara è legato a Barlaam dalla divulgazione del greco: misantropo e di carattere instabile è ricordato dal Boccaccio come suo maestro di greco ma soprattutto come primo traduttore in latino dei poemi di Omero. A Firenze Leonzio, per opera del Boccaccio, fu accolto (1360) fra i maestri dello Studio fiorentino, con regolare stipendio. Col suo aiuto Boccaccio riuscì a trascrivere, etimologizzare, a confrontare greco e latino. La traduzione di Leonzio fu per decenni strumento indispensabile agli studiosi e il Boccaccio scrisse:
Mia è la gloria di essermi giovato, primo fra i Toscani, delle poesie elleniche. […] Io certamente fui il primo a ricondurre nell'Etruria, a mie spese, i libri d'Omero e alcuni altri greci. […] Io fui che, primo fra gli Italiani, udii in privato l'Iliade da Leonzio Pilato. Io, inoltre, mi adoperai a che si leggessero in pubblico i carmi omerici […] e certo, qualora quell'uomo instabile fosse rimasto più a lungo presso di noi, assai di più avrei imparato.
In questo autunno di Bisanzio in Italia, Barlaam e Leonzio Pilato testimoniano lo straordinario legame dell'ellenismo con la Calabria, rinato su quello della Magna Grecia con la ripresa di lingua e di tradizioni greche dovuta alla diffusione del cristianesimo. Pilato si recò a Costantinopoli nel 1363 per raccogliere manoscritti greci; nel viaggio di ritorno (nel 1365 o '66) morì per naufragio.