Capitolo

15

Il Romanticismo e Alessandro Manzoni


PREMIO ANTONIO PIROMALLI
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Giuseppe Gioacchino Belli

(nota al capitolo 15, paragrafo 9)

In seguito alla morte dei genitori, avvenuta quando il poeta era ancora in giovane età, GIUSEPPE GIOACCHINO BELLI si trovò in precarie condizioni economiche e fu costretto a cercare protezioni e impieghi.
Membro di varie accademie romane, nel 1816 contrasse un ricco matrimonio con Maria Conti, vedova del conte Pichi, che gli procurò un comodo impiego pontificio e gli diede la possibilità — Belli soffriva di esaurimento nervoso — di viaggiare a lungo per l'Italia. A Milano (1827) conobbe l'opera di Porta la cui lettura fu decisiva per il chiarimento della sua vocazione artistica, ma la morte della moglie (1837) lo fece ricadere nelle difficoltà economiche e accentuò la sua depressione nervosa.
Avverso nel '49 alla Repubblica romana di Mazzini e Garibaldi, negli anni successivi fu censore teatrale fedele al rigoroso moralismo del governo pontificio e assunse atteggiamenti sempre più conformistici, dandosi a pratiche religiose e componendo epistole di carattere moraleggiante e volgarizzamenti di inni ecclesiastici.
In coincidenza con l'insorgere degli scrupoli religiosi e politici, rinnegò i Sonetti in dialetto romanesco (più di duemila, composti soprattutto fra il 1830 e il '38) ed espresse più volte il proposito di bruciarli. Fra le opere minori abbiamo poesie in lingua, traduzioni, un epistolario e uno Zibaldone.

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