Capitolo

13

L'Illuminismo: metodo scientifico e letteratura


PREMIO ANTONIO PIROMALLI
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13 - § 7

Società e cultura, Illuminismo e sensismo in Parini


Sintesi di molti elementi della civiltà illuministica in cui visse e respirò come uomo e artista è Giuseppe Parini1 (1729-99) nato a Bosisio, in Brianza, da povero ambiente. Prese gli ordini religiosi per ubbidire alla volontà di una zia che gli aveva lasciato una modesta eredità. Nel 1752 pubblica Alcune poesie di Ripano Eupilino, l'anno seguente entra a far parte dell'Accademia dei Trasformati di cui facevano parte Balestrieri, Passeroni, Baretti, Tanzi, Beccaria, i Verri e che discuteva anche argomenti scientifici, economici, di vita contemporanea (sulla guerra, la fisica, la botanica, la disuguaglianza degli uomini etc.). Nel 1754 è precettore in casa Serbelloni, viene a contatto con la nobiltà, ne conosce i costumi, i rituali, i cerimoniali. Le odi illuministiche (La vita rustica è del 1757) sono gli antecedenti della satira antinobiliare. Nel 1762 esce dalla casa Serbelloni, nel 1763 pubblica Il mattino e due anni dopo Il mezzogiorno, mentre Il vespro e La notte usciranno postumi.
La rinomanza acquistata con le prime due parti del Giorno inducono il Firmian, ministro di Maria Teresa a Milano, a chiamarlo a dirigere la «Gazzetta di Milano», poi a nominarlo alla cattedra di Belle lettere nelle scuole Palatine e più tardi soprintendente delle scuole pubbliche. Nel 1791 venivano pubblicate ventidue Odi. Quando i Francesi vennero a Milano Parini fu chiamato a fare parte della Municipalità, un'accolta di cittadini ragguardevoli tra i quali era Pietro Verri ne apprezzò la rettitudine in quegli uffici. Al ritorno degli Austriaci scriveva, nel 1799, il sonetto Predaro i Filistei l'arca di Dio contro gli eccessi giacobini. Poco dopo moriva.
L'attenzione di Parini giovane, aderente ai Trasformati, verso la letteratura dialettale, le polemiche contro il toscanesimo astratto dalla vita concreta si inquadrano nella cultura lombarda che scacciava le sdolcinature dell'Arcadia e sosteneva una poesia popolare, satirico-civile, giocosa e dialettale. Fin da allora Parini inquadrava il mondo di Balestrieri e Tanzi dialettali, sodali dell'Accademia, in una cultura di affetti e non di parole come facevano i rimatori che trovavano un «concettino» e lo adornavano «di poche lasciviuzze toscane».
I versi di Ripano Eupilino, seri e giocosi, si rifanno alla prima Arcadia restauratrice del gusto contro il barocco e quelli giocosi sono colti dalla vita vera. Lo stesso bernismo serve al Parini per la polemica contro i verseggiatori occasionali:
  1. Possibil, che dottor non s'incoroni,
  2. non si faccia una monaca o un frate,
  3. senza i sonetti, senza le canzoni? […]
  4. E dalle, e dalle, e dalle, e dalle, e dalle
  5. con questi cavolacci riscaldati!
C'è la caricatura dell'usanza di monacarsi per stare meglio in convento che nel Mondo dove non si ha voglia di lavorare. Delle virtù della monacanda si dice:
  1. Ella poppava quand'ell'era in culla;
  2. poi per forza di Cerere e Pomona
  3. è venuta una bella pollastrona
  4. che finor dette al Mondo erba trastulla.
Anche Parini scriverà più tardi versi per nozze, monacazioni e cardinalato, ma con l'esperienza dei Trasformati e del tirocinio pedagogico-sociale condotto in quell'osservatorio della realtà divisa in classi, scompartimenti, che era la casa Serbelloni dalla quale egli esce per avere visto la duchessa assestare degli schiaffi alla figlia del maestro di musica Sammartini.
Nelle poesie Varie (per distinguerle da quelle della raccolta di Ripano) c'è la documentazione dell'attività mondana e sociale di Parini, importante per vedere il cammino dell'abate verso l'Illuminismo e il sensismo. Ci sono temi di argomento morale e satirico sulla vita di tutti i giorni, su avvenimenti pubblici, ci sono i nuclei primi dell'equilibrio etico-estetico e l'armonia delle facoltà umane ma anche il perfezionamento dello stilista, del linguaggio del classicismo nell'accordo del dulce con l'utile.
Quando il razionalismo del secolo si volge sempre più verso la direzione illuministica (e negli anni 1756-66 verso il sensismo) e verso la politica delle riforme Parini, ormai non isolato come Ripano, partecipa al rinnovamento suscitato dall'Accademia dei Pugni, dalle Lettere virgiliane, dall'«Osservatore», dalla «Frusta letteraria», dal «Caffè», dal trattato di Beccaria: il Mattino (1763) e il Mezzogiorno (1765) si iscrivono in questo moto antiarcadico e già illuministico. Intanto nelle Varie c'è il distacco dall'accademismo conservatore nella polemica contro coloro che verseggiano per nozze in modo lubrico:
  1. Ti conducono all'uscio a far la spia;
  2. fànti veder Coniugio che vien drento
  3. e la Verginità che scappa via
Il consolidarsi dei binomi Natura-Ragione e Piacere-Virtù che l'illuminista innerverà nel cuore cittadino della civitas moderna il quale persegue «il vero e il retto», ha sentimenti di solidarietà umana, collabora con i reggitori per costruire una civiltà sana e operosa, guidata da sentimenti umanitari e nemica delle guerre, delle stragi, della violenza, della ragion di Stato.
L'«aureo costume» è «custode a le leggi», la «giustizia e il retto esempio» sono le luci della civitas, la poesia ha l'ufficio di difendere le buone istituzioni e diffondere, piacendo altrui, i motivi che derivano dalla Ragione e dalla Virtù. I temi del bisogno che mette in tribolazione i poveri:
  1. O povertà che da natio soggiorno
  2. fai le dolenti turbe errar lontane,
  3. e per somma dell'uomo ingiuria e scorno
  4. le costringi affamate a cercar pane…;
della religione operosa («giovando a l'uomo, a Dio si piace»), della satira contro gli ipocriti che vedono dovunque il male:
  1. Lascia gracchiar a questi baciapile
  2. che voglion pur che il mascherarsi sia
  3. una cosaccia disonesta e vile;
del cicisbeo che accompagna la dama a teatro:
  1. Il marito aspettando a casa stàlli;
  2. e della melonaggin del marito
  3. ridono i consapevoli cavalli;
dei roghi con cui la Spagna soleva «far delizioso obbietto — della morte degli empi», delle guerre di religione, delle imprese di rapina e violenza dal poeta condannate ci immettono nella cultura illuministica pariniana che ha come sue nervature la solidarietà operosa guidata dalla ragione.
Gli accenni autobiografici sono severamente stretti intorno alla pratica di una vita seria e povera:
  1. Io non gustai del maritale amore,
  2. però che giovanetto a la sua rete
  3. San Pier m'ha colto papa e pescatore;

  4. La mia povera madre non ha pane e
  5. se non da me, ed io non ho denaro
  6. da mantenerla almeno per domane. [1762]
Nel vario svolgimento di Parini verso l'Illuminismo anche la direzione edonistico-galante si incontra in componimenti di ammirazione verso il sesso femminile nei versi per dame, cantanti, ballerine (Teresa Mussi, Maria Castelbarco, Silvia Curtoni, Teresa Fogliazzi etc.) che esaltano la bellezza. Nell'etica di Parini le nozze che legano gli sposi con caldo e verace amore concorrono all'armonia della persona, ai fini della società e della vita, alla propagazione della specie:
  1. Oh beato colui che può innocente
  2. nel suo letto abbracciar la propria sposa,
  3. ed amoroso insieme e continente
  4. coglie con parca man la giovan rosa.
Le nozze fanno parte dell'ideale civile di Parini e controfaccia sono per il poeta la dissipazione, la procacità, l'infedeltà. Questi versi indicano già il radicarsi di Parini, con il suo classicismo illuministico moderato, nella civiltà moderna lombarda e italiana. In una lettera al Wilzeck (1768-69) in cui espone le sue idee sulla cattedra di eloquenza superiore Parini, secondo i principi del sensismo, richiama al reale sensibile l'esperienza spirituale e afferma i «pochi e chiari precetti, ripetuti immediatamente dalla natura e dai cuore dell'uomo».
La realtà sensibile della natura, celebrata dal sano classicismo, si accorda con il sensismo: le lettere e le arti «hanno per oggetto l'uomo, sopra l'anima del quale cercano di fare impressione». Il piacevole non è un ornamento ma la realtà che con l'armonia delle sensazioni e con lo stimolo della natura dà diletto e, quindi, utilità. Bello e piacevole, diventati vuote forme nel classicismo degenere e nella tenuità arcadica, sono contenuti che provengono dalla costituzione dei sensi.
Nel sensismo il diletto è anche bene, pertanto la sfera sensistica del brutto, dell'orrido, del deforme, del barocco rientra nell'ambito del dolore, non in quella del diletto-armonia. Il simplex et unum di Orazio si accorda con l'edonismo in quanto questo è realtà, con il piacere in quanto spontaneità del sensismo. L'ordine e l'armonia della poetica classica ritornano nel sensismo come inerenti al contenuto stesso, come leggi interiori. Ne derivavano il processo psicologico al falso in letteratura, il rinnovamento della coscienza artistica e umana sulla base della chiarezza e dell'osservazione del reale.
Questo processo contro il falso in letteratura e la battaglia contro il pedantismo sono centrali negli scritti polemici contro il frate Alessandro Bandiera e contro il barnabita Onofrio Branda. A Bandiera Parini rimprovera l'opinione che il gusto della nostra lingua debba consistere «soltanto in un bel tornito periodo che per tortuose vie si ravvolga in se stesso a guisa d'un labirinto, o in uno zibaldoncello di rancide voci e di affettate maniere di dire».
Maggiore risonanza ebbe la polemica col Branda autore dei Dialoghi della lingua toscana (1759), esaltatore della sola lingua toscana e sprezzatore del dialetto milanese. Nella risposta Parini si colloca vicino ai suoi amici Trasformati seguaci del Maggi, in favore del dialetto milanese semplice e schietto nella sua «indole» come la popolazione da cui è nato.
Nel Discorso sopra la poesia (1761) Parini rinnova i motivi della poetica classica risolvendoli nello «spirito filosofico» che «scorre colla facella della verità accesa nelle mani […] dissipando le dense tenebre de' pregiudizi autorizzati dalla lunga età e dalle venerande barbe de' nostri maggiori» e che «perviene a ristabilire nel loro trono il buon senso e la ragione». Lo spirito filosofico ha avvicinato l'uomo all'«essenza della cosa», al «vero», ha fornito «nuovi lumi» alla poesia. Il diletto che nasce dalla poesia è quello sensistico, della natura benefica che ha assegnato all'uomo «certi segni, sempre costanti ed uniformi in tutti i popoli del mondo, onde poter esprimere al di fuori il dolore o il piacere».
Nella sua evoluzione dall'Arcadia Parini afferma che il piacere è «utile» alla società. Né egli dimentica l'incanto fantastico della poesia quando recensendo il poemetto didascalico di Lorenzi, La coltivazione de' monti, desidera che i momenti di riposo poetico fossero stati più numerosi ed estesi. La tradizione classica — non classicistica: da ora in poi la distinzione è necessaria più che mai quando si parla di classicismo illuministico — è ricordata a proposito del genio dell'entusiasmo, dell'estro, perché i grandi esemplari del classicismo hanno forza di commuovere, riscaldare l'immaginazione, formare nuovi valori, fattori di civilizzazione e di progresso.
L'amore di Parini va all'uomo reale, che si compone armoniosamente in una civiltà libera, nella storia. Appunto alla storia egli guarda nella relazione al Firmian sulle cause della decadenza delle lettere e delle arti in Italia (1773) e individua tra le cause di decadenza l'ipocrisia introdottasi nella corte di Roma dopo la riforma di Lutero e la crudeltà dell'Inquisizione, specialmente dopo il Concilio di Trento. Nel Dialogo sopra la nobiltà (1757) afferma il valore dell'egualitarismo illuministico e affida a un poeta di origine plebea la missione di illuminare i suoi concittadini, di combattere i guasti morali e sociali.

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