Non certamente popolare è la letteratura dialettale in versi di
Giovanni Meli1 (1740-1815) palermitano il quale rientra in pieno nell'Arcadia ritardata. Frequentatore della «
conversazione galante
» nella casa del suo protettore Antonio Lucchesi Falli, fu diviso tra la composizione in dialetto e la medicina, tra l'abito di chierico (senza avere mai pronunciato voti) e lo scettico entusiasmo verso le ideologie illuministiche.
Egli non solo trasportò i metri arcadici nel campo del dialetto ma applicò il dialetto alla letteratura. Dall'Arcadia gli derivano la galanteria da salotto e la pastorelleria idillico-mitologica e si suol dire che da Rousseau il mito del ritorno alla natura (che per Meli era la campagna di Cinisi, un feudo benedettino dove ebbe una condotta medica) e dell'innocenza primitiva dell'uomo di campagna contrapposto al cittadino.
Ma il contadino buono e devoto nel Settecento in cui si ha lo sviluppo della città è contrapposto (invece di quello stupido e balordo della tradizione) alla corruzione cittadina. L'operazione del Meli di vestire l'Arcadia in dialetto è puramente letteraria. Il suo dialetto è annacquato e nobilitato a uso dei lettori colti, negli idilli della
Buccolica i suoi Dameta, Nicia, sono freddi, retorici, non hanno anima dialettale («
sulu, è reu cui pò guardari | duru e immobili sta scena
»), non riescono a tradurre in dialetto «
lu muggitu di li tori
», «
caduti d'acqui
», «
sterili junchi
», sono sempre soporificamente accompagnati da Febo, dalle Muse, da Anacreonte.
Grande e immeritata fortuna come il Meli ebbe il veneziano Anton Maria Lamberti (1757-1832) che del Meli tradusse in veneziano qualche composizione. La celeberrima Biondina in gondoleta, scritta per la bellissima Marina Querini Benzon e musicata da Simone Mayr volgarizza la musicalità e la sensualità arcadica: «perché, oh Dio, che belle cosse | che g'ho dito e che g'ho fato!
»
La milanese accademia dei Trasformati restaurata nel 1743 e alla quale appartenne Parini difendeva le tradizioni della scuola letteraria lombarda e un genere di poesia popolare di tendenza morale e satirico-civile, espressa in forme giocose e dialettali. La cultura regionale lombarda, lontana da quelle che il Parini chiama «lasciviuzze toscane
», il linguaggio toscano bernesco e rustico rappresentano i legami più evidenti con i Trasformati, con la società milanese e lombarda.