Capitolo 4: La letteratura tra la società dei comuni e le signorie
Paragrafo 7: Opere erudite, umanistiche, dantesche


L'umanesimo del Boccaccio non è, come quello del Petrarca, rivivimento soggettivo di valori etici usufruiti nel dissidio psicologico che lo tormentò per tutta la vita. Boccaccio amò l'erudizione classica (del suo ellenismo parleremo più avanti) come fondamento storico-estetico della cultura romanza sicché negli ultimi anni della vita accentuò il ripiegamento su una cultura rivolta a un pubblico di uomini dotti.
Determinanti furono l'amicizia del Petrarca e la crisi religiosa che lo condusse in un'angustia culturale: la poesia è quasi una teologia che «abitando ne' cieli unita nei divini consigli, muove da alto le menti di pochi uomini nel desiderio dello eterno nome». Accusato di avere «aperti al vulgo indegno», commentando Dante, i «concetti del suo alto ingegno», Boccaccio interrompe le letture dantesche perché coloro che attendevano ad attività pratiche e non si dedicavano a studi letterari e filosofici non godessero di quella sublime conoscenza («questi ingrati meccanici, nimici — d'ogni leggiadro e caro adoperare»). Oltre epistole ed egloghe latine (Bucolicum carmen) compose grandi repertori dottrinari in cui radunò notizie erudite storiche, geografiche, mitologiche che ebbero utilità fino all'età del Rinascimento.
Nel suo desiderio di dare sistemazione istituzionale ai miti pagani raccolse nei quindici libri del De genealogiis deorum gentilium le favole antiche raggruppando le divinità per stirpi; le infinite notizie dovevano servire per intendere la poesia e le favole pagane le quali erano un velo che nascondeva le verità cristiane. In due altri trattati, De casibus virorum illustrium e De claris mulieribus narra rispettivamente, cominciando da Adamo, i casi di uomini che da alto stato caddero in triste condizione e la vita di donne famose da Eva alla regina Giovanna. Altro repertorio di notizie storico-geografiche è il De montibus con cui Boccaccio si era proposto di facilitare la lettura degli antichi poeti spiegando i nomi di monti, selve, laghi, fiumi, mari.
Nel 1350 Boccaccio fu mandato dai capitani di Orsanmichele a Ravenna per portare un sussidio di danaro a Beatrice, figlia di Dante, monaca a Ravenna. Pareva Boccaccio ai reggitori di Firenze la persona più adatta a questo scopo per il suo amore verso l'opera di Dante. Più tardi Boccaccio scriveva un Trattatello in laude di Dante del quale rimangono tre redazioni e commenterà pubblicamente i primi diciassette canti dell'Inferno.