Capitolo 4: La letteratura tra la società dei comuni e le signorie
Paragrafo 4: Il «Canzoniere» e i «Trionfi»
man bianche e sottili», «
il bel giovenil petto»), la descrive nel paesaggio a Valchiusa vicino alle acque del fiume Sorga, la vede passare in barca, in cocchio, sorridente, piangente. Al desiderio di amore si oppone nell'animo del poeta il sentimento religioso: in questi elementi di contrasto, che il Petrarca sentì per tutta la vita, simboli dell'uomo vecchio e dell'uomo nuovo che erano in lui, si svolge la lirica del Canzoniere.
voluptas dolendi» è meglio espressa nella musicalità, nell'onda lirica il sentimento trova la sua forma. Le parole comuni sono travolte in suoni di minore immediatezza, natura e quotidiano sono sublimati nella sfera esistenziale; pare che il poeta con la sua infelicità, con il sentimento di caducità non tocchi il reale o crei soltanto tonalità smorzate. Petrarca manifesta la propria vita interiore, il fantasticare, l'illusione vista come realtà, il contrasto che abbiamo visto nel Secretum. Il contrasto si attenua nelle rime scritte per Laura morta dominate dal rimpianto della donna amata che consola «
le sue notti dolenti», gli asciuga le lacrime, «
sospira dolcemente e si adira» vedendolo ancora «
vaneggiare» per la passione terrestre.
- Ma io sarò sotterra in secca selva,
- e 'l giorno andrà pien di minute stelle
- (Canzoniere; XXII; 36-37)
- le crespe chiome d'or puro lucente,
- e 'l lampeggiar de l'angelico riso,
- […] poca polvere son, che nulla sente
- (Canzoniere; CCXCII; 5-8);
- O nostra vita, ch'è sì bella in vista,
- com' perde agevolmente in un mattino
- quel che in molti anni a gran pena s'acquista!
- (Canzoniere; CCLXIX; 12-14).
- Ove porge ombra un pino alto od un colle
- talor m'arresto, e pur nel primo sasso
- disegno co la mente il suo bel viso
- (Canzoniere; CXXIX; 27-29);
- Così sol d'una chiara fonte viva
- move 'l dolce e l'amaro ond'io mi pasco
- (Canzoniere; CLXIV; 9-10);
- vederla ir sola co i pensier suoi inseme,
- tessendo un cerchio a l'oro terso e crespo!
- (Canzoniere; CLX; 13-14).
Nell'itinerario dalla passione a Dio mancano la capacità di creare la struttura e i caratteri in un quadro drammatico. Nell'opera si manifesta l'influenza di Dante della Commedia negli intenti di esaltare Laura e di indicare agli uomini la via del cielo, oltre che nella tecnica, nella lingua e in qualche dialogo. Il Petrarca si era difeso in una lettera al Boccaccio dall'accusa di disprezzare Dante
- Passan vostre grandezze e vostre pompe,
- passan le signorie, passano i regni:
- ogni cosa mortal tempo interrompe
- […] né mai si posa né s'arresta o torna,
- fin che v'à ricondotti in poca polve
- (Trionfo del Tempo; 112-14, 119-20).
(una opinione insidiosamente e malignamente si è divulgata sul giudizio ch'io fo di quel poeta […] nostro concittadino, popolare per quel che riguarda lo stile, ma indubbiamente nobile per il contenuto. […] Poiché chi mi vuol male dice ch'io lo odio e disprezzo, cercando così di suscitarmi contro l'odio di quel volgo al quale egli è graditissimo)
In realtà il realismo, la poliglottia degli stili e la pluralità di toni e strati lessicali danteschi (dal tono apocalittico al didascalico, al tragico) toglievano spazio, in un confronto, al tono medio querulante e malinconico di un poeta la cui personalità sconta già sul piano dell'infermità spirituale ogni direzione prima di averla percorsa, che per ogni situazione ha pronta una giustificazione che regredisce in un passato di grandezza e di virtù o annulla il tempo nell'eterno.(Confesso che così è […] ma temevo che, se mi fossi dedicato alla lettura degli scritti suoi o di qualcun altro, [mentre scriveva in volgare] non mi accadesse, in un'età così pieghevole e proclive all'ammirazione, di diventare senza volere e senza avvedermene un imitatore).
- Viva son io, e tu' se' morto ancora [...]
- La morte è fin d'una pregione oscura
- a l'anime gentili […]
- (Trionfo della Morte II, 23; 35-36)
Beato chi non nasce»). Infine in tutto il poema circola il disprezzo per la «
turba, a' grandi errori avvezza», per il «
vulgo» che ha «
opinione cieca e dura».
il Petrarca operò per essere il nuovo tipo di intellettuale delle classi dominanti della Signoria, il letterato autonomo dalla politica; ma con questo ritratto di sé in Valchiusa fornì anche il modello del disimpegno del letterato, appartato dal mondo per studiare con sovrana indifferenza:(
Ben veggo ora in quali profonde tenebre noi camminiamo, da quale nebbia di cose, da quale nube di errori circondati; vedo esser nulla tutto ciò di cui di volta in volta ci rallegriamo o ci addoloriamo in questa vita, nulla ciò che con tanto ardore desideriamo ovvero aborriamo…),
Ivi vedrai l'amico che tu cerchi, in ottima salute, di nulla bisognoso, nulla particolarmente attendere dalle mani della fortuna: lo vedrai dalla mattina alla sera dilettarsi della solitudine dei prati, dei monti e delle fontane, e dimorare fra i campi e le selve; fuggire i vestigi degli uomini, […] ridere delle cure del volgo, conservandosi ugualmente distante dalla letizia come dalla tristezza: sempre libero di sé giorno e notte, gloriarsi della compagnia delle muse, del canto degli augelli, del mormorio delle acque; […] infine lo vedrai a volte tacere intento e con gli occhi fissi a terra, a volte discorrer seco stesso a lungo, e da ultimo disprezzar sé medesimo e tutte le cose mortali.
Antonio Piromalli, Storia della letteratura italiana, Cap. 4, Par. 4 , http://www.storiadellaletteratura.it/main.php?cap=4&par=4
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