Capitolo 2: Società borghese e cultura nel Duecento
Paragrafo 3: I Toscani e lo «Stil novo»


La morte di Federico II (1250) e la fine del regno degli Svevi a Benevento (1266) spezzano lo svolgimento della lirica siciliana, ma per opera della diaspora dei poeti vissuti presso la corte sveva avvengono dei trapianti in Toscana. La Toscana raccoglie l'eredità siciliana ma la lingua cortigiana, curiale, scioglie le squisitezze dell'amar cortese in vigorose tenzoni di spirito ben diverso, agonistico, in rime politiche, morali i cui argomenti sono ben radicati nella corpulenta, sanguigna partecipazione alla vita dei Comuni. La realtà locale rafforza concretamente lingua e stile.
Guittone Del Viva1 (c. 1230 - 1294) di Arezzo, guelfo, esule nel 1260, è il caposcuola dei toscani. Lasciati moglie e figli, entrò nell'ordine dei Cavalieri di S. Maria e continuò a poetare con la sua potente personalità dotata tecnicamente e ricca di energia morale. Preoccupato di arrestare la decadenza delle istituzioni comunali, collegò il suo alto, aspro, difficile dettato poetico alle vicende del suo tempo. La sua lirica è sempre un intervento giudicante che viene dal profondo, dal desiderio di istituire, lottare, perseguitare. Perciò il suo dire è sentenzioso («Piangendo e sospirando | non acquista l'om terra»; «Perfetto om valoroso | de' fuggir agio e poso»; «omo matto crede, e segue legge | d'omo ch'è senza legge»; «Non corre l'omo a cui conven gir tardi»). Si legga il suo inno a San Domenico, esaltazione della personalità di estirpatore, risanatore, della fermezza di «pilastro» che ebbe il santo veduto come un caposaldo religioso della vita civile e morale.
I versi di Chiaro Davanzati esprimono il desiderio di una realtà armoniosa, alacre, intelligente, in cui la donna — di fronte alla quale il poeta prova stupore, meraviglia — crei un alone di sentimento magico: siamo agli albori dello stilnovo. Più tenue è il mondo di Compiuta Donzella.
Oltrepassa gli artifici retorici dei siciliani e dei guittoniani la lirica dello «Stilnovo» che cerca di sostanziare di verità psicologica e sentimentale il desiderio di armonia dei poeti nuovi. Per costoro la poesia èun esercizio interiore che ha come meta il raffinamento dell'uomo attraverso l'amore per una donna superiore e gentile. Guido Guinizzelli2 (c. 1235 - c. 1276) con la sua dottrina etico-estetica giustifica l'amore: i concetti dell'amore inseparabile dal cuore gentile e della donna angelicata (espressi nella canzone Al cor gentil rempaira sempre amore). I poeti si pongono l'amore come un problema di verità e di impegno, scrutano sottilmente le pieghe psicologiche del sentimento, descrivono smarrimenti e svenimenti che li colgono alla vista della donna amata (Davanzati aveva scritto che il cuore gli si dipartiva dal corpo e «piacegli il dimorar così in disparte»), beatitudini, estasi e preghiere.
Su tutta questa dottrina in versi pesano l'intellettualismo, la nobiltà e gravità di contenuto che l'estetica medievale considerava essenza della poesia (e apre la strada al sublime etico-estetico, cioè, ai sentimenti nobili che si qualificano superiori agli altri, nonché alle «anime belle» circonfuse di virtù etica e all'aspirazione dell'eterno), il platonismo. Le sottigliezze teoriche degli stilnovisti sono interne al medievale dissidio tra umano e divino, il compromesso è indicato fin nella canzone-madre del Guinizzelli. I motivi più freschi sono nel Guinizzelli il rapporto tra la donna e la natura (le somiglianze alla rosa, al giglio, a verde riviera) e, inoltre:
  1. Ah, prender lei a forza, oltra su' grato,
  2. e baciarli la bocca e 'l bel visaggio
  3. e li occhi suoi, ch' én due fiamme di foco!
Naturalmente segue il pentimento, perché quanto ha detto prima: «poria portar dannaggio | e altrui despiaceria forse non poco». «Altrui» era probabilmente il marito.
Guido Cavalcanti3 (c. 1260 - 1300), di famiglia guelfa, partecipò alle vicende politiche, civili e militari di Firenze, nel 1300 durante il priorato di Dante fu mandato in esilio a Sarzana; ritornato a Firenze vi moriva nello stesso anno. Guido è poeta drammatico per l'animazione che dà al sentimento d'amore, tragica minaccia di morte. Egli si sottrae, per la capacità di rappresentare la passione che distrugge («Tu non camperai, | ché troppo è lo valor di costei forte», «e senti come il cor si sbatte forte | per quel che ciascun spirito ragiona»), alle astrazioni e alle metafisiche della scuola; e accanto al registro moderato etico-estetico stilnovista esprime quello idillico quando ricompone l'armonia nel paesaggio del bosco animato dalla presenza di pastorelle
  1. (menòmmi sott'una freschetta foglia
  2. là dov'i' vidi fior' d'ogni colore;
  3. e tanto vi sentìo gioia e dolzore
  4. che 'l die d'amore - mi parea vedere)
o quello comico quando immagina una gobbetta vestita con mantello e cappuccio e con un velo intorno al collo accanto a una donna bella e gentile (qui invece il rischio di morte deriva «di tanto rider che farebbe il core»).
Gli altri poeti (Lapo Gianni, Gianni Alfani, Dino Frescobaldi) ripetono le tematiche della scuola. Ad altra generazione appartengono il famoso giureconsulto Cino da Pistoia4 (c. 1265 - 1337) che approfondisce psicologicamente i temi d'amore precorrendo in tale analisi il Petrarca del quale fu amico, Sennuccio del Bene (c. 1275 - 1349) e Cino Rinuccini (c. 1350 - 1417). Appunto perché epigoni e ormai sottratti al rigore razionalizzante dei primi «fedeli d'Amore» stilnovisti, apportano qualche modificazione all'immagine trasumanata della donna: Cino oltre una donna dalle «trecce bionde» canta una «merla» dalle «penne nere» e Rinuccini «un falcon pellegrino […] |con largo petto e con sì bianca piuma».
Lo stilnovo contribuì notevolmente nella nostra lirica a creare un'ideologia etico-estetica della donna che verrà modificata nella sua uniformità soltanto dalla lirica barocca e, ciò nonostante, giungerà fino al Carducci.



1 Guittone Del Viva
GUITTONE DEL VIVA nacque intorno al 1230 da un'agiata famiglia borghese (il padre era tesoriere del Comune) e si formò una rilevante cultura fondata sull'eredità della tradizione scolastica medievale e sul patrimonio della poesia cortese in volgare.
Cresciuto in un tipico centro di vita comunale, irrobustì suoi interessi letterari con un fervido impegno civile e simpatizzò per il partito guelfo, ma intorno al 1265, a seguito di una crisi religiosa, entrò nell'ordine dei Cavalieri di Santa Maria, detti anche Frati Gaudenti.
La conversione fu avvenimento decisivo anche per la sua produzione letteraria che si suole distinguere In due periodi: nel primo si collocano le rime di ispirazione amorosa sul modello della poesia trobadorico-siciliana, nel secondo troviamo componimenti di argomento morale e religioso. Spesso scritta con una tecnica difficile e oscura, la poesia guittoniana è animata dall'energia morale, dall'esigenza educativa e dall'impegno dell'autore a rinnovare la tradizione letteraria per adattarla alla sua originale sensibilità umana e artistica e alle particolari condizioni storico-sociali dell'ambiente toscano.

2 Guido Guinizzelli
Nato a Bologna fra il 1230 e il 1240, GUIDO GUINIZZELLI risentì dell'atmosfera culturale della sua città che in quei tempi era uno dei più attivi centri di studi giuridici e filosofici della penisola. Fu giudice e prese parte alla vita politica parteggiando per la fazione ghibellina dei Lambertazzi; in seguito al trionfo dei guelfi Geremei, la sua famiglia fu cacciata da Bologna e si rifugiò in esilio a Monselice, dove il poeta morì intorno al 1276.
Salutato da Dante come l'iniziatore del Dolce stil novo e come «padre suo e degli altri suoi miglior», Guido risente della tradizione trobadorico-guittoniana molto diffusa nella sua città, ma se ne distacca dando vita a un processo di rinnovamento che lo porta a innestare sul ceppo delle precedenti esperienze letterarie nuove, personali soluzioni tematiche e stilistiche.
Intessuta di concetti filosofici e scientifici, la lirica guinizzelliana (6 canzoni e 16 sonetti) non si riduce quasi mai ad arido intellettualismo: a ravvivarla intervengono l'ardore di convinzione, il tono estatico e soprattutto, quel gusto «visivo» che risolve la commozione amorosa in una serie di immagini naturali piene di luce e delineate con squisita fattura.

3 Guido Cavalcanti
Fiorentino, appartenente a una delle più cospicue famiglie di parte guelfa, GUIDO CAVALCANTI fu figura assai rappresentativa della vita politica e culturale della sua città. Amico di Dante che gli dedicò la Vita nuova e lo ricordò più volte nella sua opera, fu fieramente avverso a Corso Donati, capo della fazione rivale dei Neri.
Quando gli Ordinamenti di giustizia del 1293 portarono all'allontanamento dei magnati dalla vita politica, Guido non volle piegarsi alla forzata iscrizione a una delle Arti, ma continuò ugualmente a seguire da vicino e a influenzare le vicende fiorentine.
Mandato in esilio a Sarzana nel 1300, tornò malato in patria dove morì nell'agosto dello stesso anno. Dai cronisti dell'epoca e da Boccaccio sappiamo che Cavalcanti fu uomo di alto sentire e dai modi schivi e aristocratici, fornito di profonda cultura letteraria e filosofica e di carattere combattivo e anticonformista.
Nel canzoniere (52 componimenti di sicura attribuzione) non riprende i motivi guinizzelliani della donna angelicata e dell'amore inteso come estasi beatificante: il suo stilnovismo si fonda sulla tendenza all'approfondimento dell'indagine psicologica e sull'adozione di moduli stilistici che riflettono l'aspirazione a un'arte preziosa, pervasa di squisita sensibilità e nata su uno sfondo culturale e sociale raffinato ed elitario.

4 Cino da Pistoia
CINO DA PISTOIA discendeva dalla antica e ricca famiglia dei Sigibuldi, di parte nera. Compiuti gli studi giuridici a Bologna, prese parte alle lotte politiche della sua città e nel 1303 fu costretto ad andare in esilio.
Come Dante — di cui era amico —, fu favorevole all'impresa di Arrigo VII che avrebbe dovuto portare alla restaurazione del potere imperiale in Italia e si adoperò, come consigliere del conte di Savoia e ambasciatore in Firenze, alla realizzazione di tale scopo.
Deluso in seguito al fallimento della spedizione di Arrigo, si dedicò agli studi giuridici insegnando nelle università di Siena, Perugia e Napoli e componendo varie opere di argomento giuridico.
I caratteri della sua produzione poetica (tendenza alla dissoluzione dell'atmosfera estatica, maggiore concretezza di determinazione psicologica, personalizzazione della vicenda amorosa) lo hanno fatto generalmente considerare dalla critica come un mediatore fra l'esperienza stilnovistica e la poesia petrarchesca.