Capitolo 19: Società e cultura nell'età giolittiana
Paragrafo 1: Il decadentismo strumento di creazione dei nuovi «miti» borghesi


Giovanni Giolitti (1842-1928) di Dronero, già ministro con Crispi, Presidente del consiglio, tranne brevi parentesi, dal 1903 al 1914, interpretò perfettamente il suo ruolo di rappresentante della borghesia: consolidò la monarchia, subordinò all'industria settentrionale tutte le forze economiche, ridusse il Partito socialista a suo strumento politico.
Non avverso alle rivendicazioni economiche (ma quali vere rivendicazioni potevano appoggiare i socialisti se la loro forza politica era stata assorbita perché non producesse effetti economici?) represse i movimenti dei contadini meridionali, il sindacalismo rivoluzionario (sorto contro il blocco della borghesia col socialismo riformista), gli anarchici, diede inizio alla nuova espansione in Africa. La repressione fu attuata mediante polizia, fiscalismo, corruzione («ministro della mala vita» venne chiamato) ed in funzione delle potenti categorie (alta banca, industria siderurgica) delle quali era rappresentante. Questi connotati di Giolitti e dell'età che da lui prende il nome devono essere ben chiari, perché non si considerino i primi quindici anni del nostro secolo come una «belle epoque» ma si misuri soprattutto lo squilibrio esercitato dal protezionismo dell'economia industriale settentrionale nei confronti del Mezzogiorno fin da allora ridotto a mercato di consumo.
In questa età, esaurita la crisi del positivismo e del naturalismo come ideologie della classe borghese nella fase dell'industrialismo, viene meno la fiducia nell'oggettività del reale e le vie dell'idealismo, dello spiritualismo sembrano essere più adatte alla borghesia per il mantenimento dell'egemonia culturale. In un momento complesso — come è quello della fine della certezza scientifica, della fiducia del progresso indefinito, della coscienza dell'irrazionalità del mondo esterno — la società borghese (che dobbiamo considerare nelle sue molteplici articolazioni) trova nel valore della volontà, della spiritualità, dell'intuizione, dell'interiorità religiosa un reticolo culturale molto più ampio della scienza positiva per filtrare l'attività intellettuale. Le applicazioni tecniche della scienza hanno creato con la loro molteplicità nuovi sistemi produttivi ma anche diverse reazioni interiori, di rigetto, di assuefazione, di sgomento di fronte al meccanicismo industriale, accresciute dalla polemica socialista nei confronti delle macchine.
Pilotare la reazione contro il mondo reale, l'individualismo mortificato dall'ipotesi di un progresso che per le sue contraddizioni escludeva dai benefici gli attori (lavoratori e intellettuali) del progresso stesso, guidare in direzione non associativa gli uomini dimidiati dalla divisione del lavoro, esaltare lo slegamento sociale e le sue conseguenze (sentimento dell'inconscio, del mistero, malattie della psiche e loro morbosità, fede religiosa, irrazionalismo, attivismo sfrenato di carattere compensativo, fuga nel simbolo, nell'illuminazione, nella sensibilità etc.): in questo insieme di spinte fu la funzione politica della borghesia. In tal modo si smorzavano le spinte rivolte in una sola direzione — la rivendicazione sociale del lavoro —, si riaffermava come unica guida politica e culturale quella delle classi dirigenti, si dislocava nello spirito, nella fede, nell'idea il concetto di libertà, si creava un pluralismo nella sovrarealtà che compensava il disagio oggettivo dei lavoratori e degli intellettuali determinato dall'uso egemonico degli strumenti di produzione. Impreparata e incapace la cultura riformista socialista non seppe opporre una sua concezione positiva di classe.
Dietro la crisi e lo smarrimento degli intellettuali e la creazione di miti — regressione di Pascoli nella concezione del «fanciullino» sensibile e innocente, esaltazione di D'Annunzio nel «superuomo» egolatra e rapinatore, sublimazione con Fogazzaro del corporeo nel sovrareale mistico — c'è la crisi di ricomposizione della società borghese. In tal modo gli scrittori, ripiegandosi su se stessi, nel monologo, nel simbolo, nella musica della parola, nella solitudine, esprimono una conoscenza parziale della realtà e tendono a comporre un mondo separato: i miti di cui essi si nutrono sono utili alla borghesia per ottenere il consenso all'imperialismo, al colonialismo (gli intellettuali sono, cioè, intermediari) ma nello stesso tempo gli intellettuali sono documento dello stravolgimento che la funzione attribuita dalla borghesia alla produzione culturale determina nei valori e nella coscienza stessa degli scrittori.
Come creatore e testimone di miti (rottura dei confini tra razionale e irrazionale con Pascoli che infrange il linguaggio grammaticale comune; deformazione delle cose, delle persone e della coscienza con Pirandello e consapevolezza dello scacco e dell'impotenza; dissociazione e malattia individuale e collettiva, con Svevo, del borghese che non riesce a godere umanamente la vita; nostalgia, con Gozzano, verso l'età preindustriale e ironia consapevole di tale evasione) l'intellettuale è invitato ad assumere il posto assegnatogli nelle nuove grandi strutture borghesi.
Le reazioni sono le più diverse a seconda della coscienza che gli intellettuali hanno dello stravolgimento: ci sono i ribelli, i contestatori, coloro che si escludono, coloro che hanno consapevolezza critica, coloro che vogliono inserire l'arte della modernità industriale e cancellano ogni classicismo (i futuristi). La borghesia pilotatrice privilegia coloro che assecondano le sue tendenze aggressive ed espansioniste. Quando, a questo punto, diciamo borghesia dobbiamo intendere la parte del pubblico al quale l'artista e lo scrittore si rivolgono con le specifiche tecniche formali che sono di questo tempo, con i nuovi strumenti espressivi caratteristici di questa letteratura. La varietà dei ceti sociali richiede un'attività letteraria assai articolata che va dalle tecniche rarefatte dell'esteta del sublime a quelle del distruttore di forme tradizionali, al creatore di nuovi manifesti, all'avanguardista, allo scrittore medio o di appendice.
Il concetto di decadentismo è collegato con quello di raffinatezza delle sensazioni e dello stile, con il distacco dagli scrittori partecipi di una totale fede religiosa o laica come nel primo Ottocento e dai loro modi espressivi che vengono considerati oratorii. I nuovi modelli sono i più recenti scrittori europei, la loro arte è il termine di confronto per uscire dall'atmosfera tardo-risorgimentale e provinciale italiana: Baudelaire, Mallarmé, Verlaine, Rimbaud, Valéry, Gauthier, Maeterlinck, Wilde, Swinburne, Ruskin, Yeats etc.
Simbolismo, immaginismo, preraffaelismo stranieri concezione della vita come inferno, maledizione, peccato, della poesia come purificazione, veggenza, ribellione alimentano le poetiche e le tecniche letterarie che, essendo espressioni di visioni del mondo interiore, sono sorrette da quelle delle arti figurative.
La formazione dell'artista deriva dalla sua analogia spirituale con gli scrittori contemporanei dell'Europa sicché tutto l'armamentario della tradizione classica salta in aria o è adoperato per esprimere il moderno estraneamento, l'esilio dello scrittore dalla realtà e dal mondo o il mondo classico è visto attraverso il mito del paradiso perduto, del tempo felice di una natura incontaminata e perfetta. La vecchia sintassi è frantumata, il soggettivismo si esprime meglio attraverso il frammento, il momento lirico, l'analogia con le tante tecniche figurative che mirano all'intuizione e all'essenziale, alla brevità. La parola diventa preziosa e sinuosa, disponibile a sperimentazioni e composizioni diverse, molto spesso il suo valore è in relazione al significato del «manifesto», dell'«avanguardia» di cui è proiezione.
Questo avviamento della cultura, il decadentismo, venne considerato da Croce come decadenza morale, insincerità, «fabbrica del vuoto», mancanza di «chiarezza interiore» che ha «per fondamento una grande colpa e un grande artificio». Altri critici hanno condannato il compiacimento della decadenza, l'estetismo e il narcisismo, la confusione tra arte e vita, il voler vivere la vita come opera d'arte. Più tardi il giudizio sul decadentismo è stato storicizzato e il decadentismo non venne considerato come una degenerazione romantica bensì come un momento a sé, caratterizzato dalla sprovincializzazione della nostra cultura. Più recentemente il fenomeno letterario è stato collegato con gli orientamenti della classe dirigente.