Capitolo 18: Le contraddizioni sociali e culturali dell'età umbertina
Paragrafo 4: Il verismo e l'arte di Giovanni Verga
verismo» nell'ambito del positivismo, quale esperienza letteraria che ha bisogno di verità, di oggettività. Il verismo italiano si collega con la poetica naturalistica francese di Zola che ha come presupposti l'evoluzione scientifica, l'uomo come prodotto di fattori ereditari, di ambiente sociale e di momento storico.
Per la prima volta dopo l'illuminismo le cose contavano più delle parole, l'oggettività più della sensibilità individuale, il genere letterario non era più la lirica ma la prosa, il romanzo non correva il rischio di sprofondarsi nelle medievalerie ma era una sorta di inchiesta sulle condizioni presenti di gruppi di uomini (pescatori, contadini, braccianti, campieri, artigiani, borghesi, finanzieri, politici, mondane etc.) vinti o seminatori di vinti nella lotta della vita.
Per la prima volta l'ambiente non era idealizzato ma studiato con occhio clinico e svelato nella sua realtà (feudo, latifondo, palazzo baronale, borgo marinaro, maremma, basso napoletano, borghese, aula parlamentare, studio di artista, masseria, cascinale, vicolo), i personaggi non erano i villici o i pescatori delle egloghe ma braccianti incerchiati dal lavoro sulle zolle, viziosi diventati tali nell'accidia, possidenti inferociti dal timore di rivendicazioni salariali, risaiole, lavandare, donne perdute, aristocratiche di classe viste nel loro contesto etc.
le virtù praticate negli abituri sono più eroiche di quelle sfoggiate sotto le volte dorate». Nel 1865 si trasferisce a Firenze, capitale d'Italia, dove è amico di Dall'Ongaro e scrive Una peccatrice (1966) e Storia di una capinera (1871).
vinti» (in un primo tempo intitolato «
la marea»), diede alla luce Tigre reale (1873), Eva (1873), Eros (1875) e Nedda (1874). Dall'83 si dedicò al lavoro teatrale, nel '94 ritornò a Catania dove rimase fino alla morte senza completare il ciclo dei vinti iniziato con i Malavoglia (1881) e Mastro don Gesualdo (1888) e che avrebbe dovuto comprendere La duchessa di Leyra, L'uomo di lusso, L'onorevole Scipioni.
Sabaudo, cavouriano, crispino, nazionalista, giunse anche durante la guerra a scrivere a Dina «Più cara d'ogni libertà (e d'ogni legalità) m'è l'unità della patria e ho l'animo troppo conturbato dalla propaganda separatista e dall'opera pervicace di un pugno di retori e di forsennati che la misero a repentaglio.
io son diventato socialista» vedendo che «
le infime classi danno il più bell'esempio e il miglior sangue!».
(Ho visto tante mostruosità rispettate, tante bassezze di cui si fa di cappello tante contraddizioni di quello che chiamate senso morale [Eva]),
Nella prefazione a Eva esiste una tinta moralistica ma nel romanzo c'è l'indicazione del ruolo sociale dell'arte e in questo come nei primi romanzi di ambiente mondano, con personaggi velleitari, gaudenti, aristocratici, dilettanti di sensazioni, cupidi di oro, di ambizioni (usurai, artisti illusi, donne di lusso, aristocratici vanesi) si riflette la società borghese postunitaria in cui il capitalismo industriale deprime i valori della cultura e dell'arte. Questa società materialistica settentrionale viene fuori dal Risorgimento effettivo del quale Verga amava l'unità retorica. Ma in effetti egli estraeva da quel mondo il concreto come nessuno scrittore aveva fatto.Viviamo in un'atmosfera di Banche e di Imprese industriali, e la febbre dei piaceri è la esuberanza di tal vita;
[...]
Non predicate la moralità, voi che ne avete soltanto per chiudere gli occhi sullo spettacolo delle miserie che create — voi che vi meravigliate come altri possa lasciare il cuore e l'onore là dove voi non lasciate che la borsa.
lodi e fama» della società in maschera.
quagghiatu» sarà anche lo stile dirà a Capuana scrivendo dei Malavoglia) prodotti dell'industrializzazione nella parte più moderna della società.
sistema» economico-morale borghese settentrionale e lo condanna in assoluto ma attraverso il prisma di un altro sistema: quello della morale patriarcale della famiglia dei contadini e pescatori siciliani, delle «
virtù praticate negli abituri».
poeta di duchesse» (come egli si definirà con un po' di sprezzo e un po' di necessità) un organico punto di vista che diventerà unico e fondamentale sulla società e sulla cultura.
A che giova? Sono malpelo!» dice Rosso Malpelo incapace di scolparsi, adolescente che giudica quasi da metafisico o da vecchio la sorte dell'asino piagato, morto, mangiato dai cani: «
E se non fosse mai nato sarebbe stato meglio»), quei personaggi, respinti scopertamente, tacitamente e divenuti asociali, sono visti nel loro abbrutimento materiale.
brulicame») la povera gente (così in Fantasticheria, novella in cui sono motivi della poetica verghiana) lasciata cadere su uno scoglio di pescatori dalla fortuna che «
seminava principi di qua e duchesse di là».
bisogni fittizi» e alle «
passioni turbinose e incessanti delle grandi città» «
l'impronta di fresco e sereno raccoglimento» del borgo marinaro. Nella prefazione alla novella L'Amante di Gramigna Verga annuncia che si tratta di un «
fatto nudo e schietto» e si ritrae impersonalmente dietro un fatto vero, cioè «
storico, un documento umano»:Nella prefazione ai Malavoglia (1881) stringe intorno alla poetica veristica la propria ideazione del ciclo dei vinti: nel romanzo èIl semplice fatto umano farà pensare sempre; avrà sempre l'efficacia dell'esser stato, delle lagrime vere, delle febbri e delle sensazioni che sono passate per la carne.
La «lo studio sincero e spassionato del come probabilmente devono nascere e svilupparsi nelle più umili condizioni le prime irrequietudini pel benessere, e quale perturbazione debba arrecare in una famigliuola vissuta sino allora relativamente felice, la vaga bramosia dell'ignoto, l'accorgersi che non si sta bene, o che si potrebbe star meglio.
fiumana del progresso» suscita una lotta che in quel romanzo è ancora «
pei bisogni materiali» ma che in Mastro-don Gesualdo «
diviene avidità di ricchezze», «
vanità aristocratica», ambizione, bramosia complicata negli altri romanzi. Chi guarda alle conquiste del progresso non si sofferma sulle «
contraddizioni» e non guarda
Chi guarda lo spettacolo — l'artista che si ritrae un istante per studiare «ai vinti che levano le braccia disperate, e piegano il capo sotto il piede brutale dei sopravvegnenti, i vincitori d'oggi, affrettati anch'essi, avidi anch'essi d'arrivare, e che saranno sorpassati domani.
senza passione» la lotta — «
non ha il diritto di giudicarlo», deve soltanto «
dare la rappresentazione della realtà com'è stata, o come avrebbe dovuto essere».
Il narratore non orienta, fa vedere quello che la realtà (morti, disgrazie) diventa per il paese, attraverso gesti, proverbi che sono sintesi di una tradizione di vita familiare incontrastabile di sofferenza e di sconfitta, di espiazione per chi rompe i limiti della propria condizione, proverbi che nella loro assolutezza sono leggi cristallizzate e accoratamente accolte. In questa atmosfera di immutabilità, di immodificabilità vivono gli umili eroi che non hanno coscienza della loro grandezza e che Verga guarda con dolcezza virile: da padron 'Ntoni a Maruzza, all'ineffabile storia di Menaignoto, o per brama di meglio, o per curiosità di conoscere il mondo, il mondo, da pesce vorace ch'egli è, se lo ingoiò, e i suoi prossimi con lui.
(Ora sono vecchia, compare Alfio — rispose — e non mi marito più […] e così ella era salita nella soffitta della casa del nespolo, come le casseruole vecchie, e s'era messo il cuore in pace, aspettando i figliuoli della Nunziata per far la mamma).
roba» dell'artigiano è dissipata dal genero e Gesualdo Motta muore nella solitudine del palazzo ducale di Palermo e nell'indifferenza («
Adesso bisogna avvertire la cameriera della signora duchessa»).
sembrava un alveare di vespe in collera») i quali richiedono la divisione delle terre comunali. Nuovo borghese fondiario, Gesualdo si fa assegnare come affittuario unico tutte le terre che riesce a strappare all'asta ai baroni ed entra fra i carbonari con gli altri borghesi. Ma nel 1848, di fronte alla più forte minaccia dei contadini, e della legge che abolisce il fitto annuale delle terre e sancisce la censuazione ai più poveri, i più gagliardi sono i baroni che propongono di anticipare ad artigiani inesperti il danaro occorrente per avere a censo la terra, per poi vederli fallire e perdere la terra. Solo schierandosi con la rivoluzione, la libertà e Pio IX, i baroni riusciranno a gabbare villani e affamati:
La lingua di Verga nei due romanzi e nelle novelle siciliane è antiletteraria e antisentimentale, consona al movimento democratico dei tempi, modellata nella sintassi e sui vocaboli del dialetto in modo da potere esprimere in esso veristicamente le voci dei personaggi del mondo contadino e, nel Mastro-don Gesualdo, diversi livelli linguistici attraverso la coloritura siciliana.I villani e gli affamati stavano in piazza dalla mattina alla sera, a bocca aperta, aspettando la manna che non veniva, si scaldavano il capo a vicenda, discorrendo delle soperchierie patite, delle invernate di stenti, mentre c'era della gente che aveva i magazzini pieni di roba.
io ho fatto la mia parte in pro degli umili e dei diseredati da un pezzo».
1 Luigi Capuana
Fondamentali per la formazione culturale e gli orientamenti narrativi di LUIGI CAPUANA furono i soggiorni a Firenze (1864-68) dove si aprì alla conoscenza della letteratura francese contemporanea e, dal 1877, a Milano dove venne in contatto con gli ambienti della scapigliatura.
Critico letterario e teatrale fra i più notevoli del tempo (si ricordino gli Studi sulla letteratura italiana contemporanea, le Cronache letterarie, gli Ismi contemporanei), studioso di De Sanctis e della filosofia hegeliana, fu grande amico di Verga di cui difese accanitamente la produzione letteraria contro le incomprensioni della critica e del pubblico. Svolse un'intensa attività giornalistica (collaborando, tra l'altro alla «Nazione» e al «Corriere della Sera») e fu professore di letteratura italiana all'Istituto di Magistero di Roma e di stilistica all'Università di Catania.
Teorico del verismo, sostenne la teoria dell'impersonalità e la distinzione dal naturalismo francese e fu autore di romanzi, novelle (le Appassionate, le Paesane) e di fiabe e racconti per ragazzi.
2 Giovanni Verga
Se è vero che nello svolgimento della narrativa di GIOVANNI VERGA si possono cogliere i vari momenti dell'evoluzione del romanzo italiano ottocentesco (dal romanzo storico a quello veristico, attraverso l'esperienza intermedia delle narrazioni di gusto psicologico e sentimentale), è altrettanto indiscutibile che già nelle prime opere si possono individuare motivi che preludono alla più genuina ispirazione realistica dello scrittore.
L'adesione al verismo e alla teoria dell'impersonalità comportò l'adozione di un linguaggio e uno stile antiletterari e antiaccademici che, adeguandosi alla psicologia e alla condizione sociale dei personaggi, si richiamavano alla sintassi dialettale, ma non escludevano la contenuta partecipazione dell'autore alle vicende e l'atteggiamento critico nei confronti di una società, quella borghese, cui pure non si riconoscono alternative.
E la lingua dialettale e la polemica antiborghese furono, insieme con la coincidenza dei fortunatissimi fenomeni del fogazzarismo e del dannunzianesimo, fra i motivi che determinarono l'insuccesso dei romanzi verghiani alla fine dell'Ottocento.
Solo dopo il primo conflitto mondiale si assiste a un generale e crescente apprezzamento della critica e del pubblico che guardano ormai a Verga come a uno dei più grandi narratori del secolo scorso. Il Russo, a cui si deve (1920) la prima organica valutazione della personalità e dell'opera di Verga, pose l'accento sulla funzione disciplinatrice delle dottrine veristiche sulla narrativa verghiana e sui temi («religioni») della casa e della roba, mentre la critica più recente tende a cogliere i legami tra l'ideologia e la produzione letteraria di Verga e a individuare i caratteri specifici e il valore del suo realismo nell'ambito della cultura italiana del tempo.
Antonio Piromalli, Storia della letteratura italiana, Cap. 18, Par. 4 , http://www.storiadellaletteratura.it/main.php?cap=18&par=18
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