Capitolo 15: Il Romanticismo e Alessandro Manzoni
Paragrafo 5: I memorialisti


Le memorie di scrittori patrioti, combattenti, incarcerati del Risorgimento hanno un fine patriottico, pedagogico in quanto contribuiscono a diffondere sentimenti nazionali e umani. Alcuni di questi libri hanno valore d'arte e sono scritti in una prosa colloquiale che risente della modernità della scrittura manzoniana, adatta a esprimere moderatamente speranze e delusioni, mondi morali e atteggiamenti severi. Anche in queste opere si riflettono ideologie e mutamenti storici nella lunga vicenda che corre dai primi moti all'epopea garibaldina. Silvio Pellico1 (1789-1854) di Saluzzo, che fu amico dei romantici del «Conciliatore», arrestato nel 1820, che fu condannato a quindici anni di carcere duro nello Spielberg in Moravia e fu graziato nel 1830, scrisse Le mie prigioni (1832) che ebbero straordinaria risonanza politica antiaustriaca.
Pellico nel carcere ritornò alla fede religiosa che nelle memorie diventa fiducia nelle persone dotate di pietà umana e si trasfonde negli episodi del carceriere Schiller, della Zanze, di Maroncelli. Questo pathos umano tiene lontani i risentimenti, le accuse e dà un tono di rassegnazione al racconto. Uscito dal carcere, però, Pellico, debilitato nel fisico, governato nelle idee da un fratello gesuita, trasformò la rassegnazione in pietismo, riprovò i moti del '48, fu per il potere temporale e attese la redenzione dell'Italia dalla Provvidenza e dal ravvedimento degli Austriaci. Laico, classicista, animato da sentimenti ghibellini e popolani fu il napoletano Luigi Settembrini2 (1813-76) il quale scrisse una famosa Protesta del popolo delle Due Sicilie e fu carcerato dal '49 al '59 nell'isola di Santo Stefano. Tutta la sua vita era stata una serena, consapevole lotta politica contro il governo borbonico. Nelle Ricordanze della mia vita (1879, postume) sono rispecchiati l'intelligenza lucida e il sentimento ardente del patriota e dell'educatore, gli affetti familiari, l'amore per la libertà in modo semplice e popolare. Settembrini durante la deportazione in America fu liberato dal figlio il quale, con un gruppo di liberali, dirottò la nave in Inghilterra. Dopo l'unità d'Italia fu, professore all'Università di Napoli, maestro di vita civile e democratica. Nei primi mesi di relegazione Settembrini aveva composto L'ergastolo di Santo Stefano, una potente denuncia del modo in cui erano costretti a vivere gli ergastolani in un ambiente osceno, causa di delitti e di abbiezione, da quel regime di re Ferdinando che il ministro inglese Gladstone definì «la negazione di Dio eretta a governo». Estraneo al romanticismo religioso è il Manoscritto di un prigioniero (1833) del livornese Carlo Bini3 (1806-42) prima mazziniano, quindi propugnatore della lotta di classe, del comunismo economico, dell'abolizione della famiglia. La base del pensiero di Bini è materialistica («La società presente è falsa, putrida in ogni sua fibra: o deve perire o deve rinascere sotto spoglie migliori. […] La scienza è lo spirito vivificante delle moderne opinioni, e sembra che voglia assidersi regina dell'avvenire; la scienza di per sé sola non è un compenso sufficiente al disagio dei sistemi attuali; e se rimanesse in astratto senza un'applicazione, senza produrre un frutto, sarebbe anzi una cosa funesta»). In altre pagine Bini rivela un umorismo serio e ideologico. Ben altra ideologia (liberai-moderata e cristiana) è quella di Massimo D'Azeglio di I miei ricordi (1867, postumi) per il quale il progresso «non istà nella macchine a vapore, ma nella crescente potenza del senso del giusto e del vero». L'opera narra gli avvenimenti fino al 1846 ma fu scritta dopo l'unità, in età di crisi morale, per proporre un'educazione del costume nazionale.