Capitolo 14: Società e cultura nell'età napoleonica
Paragrafo 6: I morti come eroi e demiurghi per i vivi nei «Sepolcri»


Nei Sepolcri il poeta vorrebbe sottrarre al tempo, alla realtà, al presente i miti in cui si è rifugiato (eroismo, verità, bellezza; nell'Ortis:

Beati gli antichi che si credeano degni de' baci delle immortali dive del cielo; che sacrificavano alla Bellezza e alle Grazie; che diffondeano lo splendore delle divinità su le imperfezioni dell'uomo e che trovavano il Bello ed il Vero accarezzando gli idoli della loro fantasia!)

mediante l'illusione di ripristinare l'eroismo identificandosi con gli antenati: concezione totale con cui il poeta ricostruisce come nuova verità gli archetipi del mito, dell'eroismo, della bellezza per opporsi al tempo e alla consumazione della natura, al mondo borghese negatore dell'eroismo e della grandezza.
Foscolo si rivolta contro il presente (il «reo tempo», la «forza operosa») proponendo l'idealità dei morti, l'eroismo del mito, l'eternità dell'archetipo vitale, le Muse «del mortale pensiero animatrici», gli Dei protettori di Troia che vivranno per sempre fra le tombe, Omero che eternerà i principi greci, gli eroi greci e troiani.
Contro la violenza che costituisce l'ordine presente, contro la logica del dominio, la ragione di Stato, la «maligna ambizione che rode l'umano gregge» (Ortis) e la viltà («chi più si avvilisce più vive, forse: ma vituperoso a se stesso»; «è vile […] chi ha forze da salvarsi e non le adopera», Ortis), i filosofi «apostoli degli astuti», l'ordine naturale e sociale («le sciagure derivano dall'ordine universale e il genere umano serve orgogliosamente e ciecamente a' destini»; «La terra è una foresta di belve»; «Chi ha derubato per ambizione le intere province, manda solennemente alle forche chi per fame invola del pane»; «Questa è la razza degli eroi […] cieche ruote dell'oriuolo», Ortis), Foscolo propone i morti eroi come modelli per i vivi: la metastoria come progettazione di idealità, perennità, moralità di vita storica.
Il poeta vinceva, così, la natura, il tempo, la mediocrità della vita presente. Ma era un'illusione privata quella di recuperare l'eternità del classicismo con la metastoria degli Dei, degli Eroi, delle Muse, con il volo neoclassico del carme oltre la politica e la cultura (l'interpretazione risorgimentale prima e progressista dopo sfalsarono il componimento), oltre la crisi della cultura del classicismo: il «quindi trarrem gli auspici» ribadisce e rafforza gli avelli, le caverne, la necropoli come modello, il «dotto e il ricco ed il patrizio vulgo» confermano il presente come morte, il futuro è assente.
In questo scandito solenne valore paradigmatico eroico risaltano i gruppi e le personificazioni dei Sepolcri, la sublimità dei rilievi monumentali nei famedi, l'accorata e spenta fraternità dei bassorilievi dei cenotafi, dei sarcofaghi dei morti; ma di essi hanno l'isolamento e la separatezza dalla vita.
Certamente nel carme circolano i sentimenti vichiani esaltanti le istituzioni civili e religiose, il trionfo della civiltà umana plasmatrice di organizzati modelli di vita; esistono la rappresentazione di motivi ideali che esprimono la forte tensione di superamento della natura, della barbarie, della ragione, lo sforzo sublime di ricostituire attraverso i modelli morali e civili e attraverso l'affermazione del valore delle tombe l'armonia della vita e degli affetti tramandata dagli archetipi classici; ma è un'armonia isolata nella sua funerarietà e nello stampo della Forma.
È uno sforzo titanico di ricostituire le illusioni contro il meccanicismo della realtà naturale, i valori della poesia distrutti miseramente dalla concezione borghese; ma il trasferimento dei motivi umani nell'assoluto dei valori del passato li distacca in una irrepetibile patria omerica, li identifica in un momento defunto, con sentimento elegiaco, con accorata speranza di ricreazione di una nuova età e di nuovi eroi.
Dai denti del drago seminati per la terra i guerrieri nascono solo nel mito e il carme è circoncluso nei miti: non c'è contaminazione con la realtà di tutti i giorni, con i valori storici, con la vita mediocre. Il classicismo e il sensismo sono ormai in crisi nel Foscolo e le nuove certezze sono solamente ideali. Lontano dai valori democratici dell'Illuminismo, Foscolo è distante da quelli liberali e borghesi che saranno dei romantici lombardi.
Foscolo non risolve la contraddizione fondamentale con il suo tempo, la crisi del classicismo. Se nei Sepolcri le passioni umane sono trasferite nei defunti, nelle Grazie il mito è l'oggettivazione storica di un mondo ideale in cui le passioni non esistono come tali ma sono purificate dalla bellezza rasserenatrice.
Con la bellezza nasce la civiltà umana e soltanto nel contemplare la bellezza universale si può raggiungere il distacco da quel fluire di forme che è la vita. Nella fuga dal divenire e dai contrasti della realtà Foscolo approda, dalle tombe fra cui si aggira Omero nei Sepolcri, al sovramondo delle divinità perfette e delle loro intermediarie, le Grazie; dal discorso spoliticizzato alla cultura neutrale, a un linguaggio di raffinata scelta letteraria, aristocratico, assolutamente lontano dal parlato.
Il recupero dell'archetipo classico della categoria della bellezza universale da cui deriverebbe la vittoria sulla barbarie e la gentilezza umana e civile è soltanto letterario, e i tentativi novecenteschi di vedere nel carme una consistenza e una concretezza storica e culturale che mancano nei Sepolcri, sono del tutto falliti. Foscolo approda alle rive dell'estetismo e del decadentismo nei preziosi frammenti e nei versi distillati; oggi chi ha molta esperienza tecnica può vedere squisiti ricami non dedicati certamente al «volgo profano». Il sublime eroico dei Sepolcri qui è sublime della serenità celeste o di isole beate: il poeta si copre gli occhi per non vedere le ossa fratricide: «Ch'io non le veggia almeno or che in Italia | fra le messi biancheggiano insepolte».
Nel mondo miracoloso e armonioso delle Grazie l'umanità non ha posto né funzione: la scelta del Foscolo strutturalmente era la più lontana dalla possibilità di restaurare — con i bei quadri del carme — l'umanità inferocita dall'arte della strage.
I critici del Foscolo nell'età romantica hanno esaltato i motivi risorgimentali dell'arte incarnati nella biografia dell'eroe che dà all'Italia una nuova istituzione, l'esilio. Tuttavia i primi romantici, intesi a storicizzare il rapporto dell'uomo con la società e a trovare strumenti di comunicazione operanti a livello di largo pubblico, avvertivano che nella nuova realtà politica le idee del Foscolo rimanevano astratte.
Al Foscolo risorgimentale dell'Ottocento e poeta dei Sepolcri la critica novecentista ha preposto, anche se in modo complementare, la lettura più poetica e più pura delle Grazie ma tralasciando i due problemi fondamentali che solo in questi ultimi anni sono venuti alla luce: la crisi del classicismo foscoliano a contatto con le rivoluzioni giacobine e con l'ordinamento borghese succeduto alla Rivoluzione francese, e la funzione che il Foscolo assegnava agli intellettuali.
Anche se storicamente in crisi, il classicismo eroico del Foscolo fu un tentativo coraggioso di ripristinare la forza morale e civile delle grandi personalità opponendosi a un presente che il realismo politico gli faceva sperimentare come violento, e in cui la giustizia derivava dalla forza che aveva come strumenti operativi «la forza delle armi e il calcolo dell'interesse» (Sull'origine e i limiti della giustizia).
Era una indicazione dei valori laici dello sviluppo storico per mezzo della quale superava lo spiritualismo secentesco e si opponeva al sorgente romanticismo cattolico-liberale. Uno dei modi di prendere coscienza della realtà fu anche questo classicismo antimetafisico che dal Foscolo attraversa l'Ottocento e giunge fino al Carducci, non certamente privo di retorica né culturalmente produttivo per il suo isolamento dalle istanze del popolo, per gli impulsi idealistici che lo agitarono, per la totale prospettiva pessimistica (gli autori degli anni maturi sono Hobbes, Machiavelli e Vico), che trasmette soltanto alla letteratura e alla poesia la funzione di salvare i valori umani redimendoli dall'ingiustizia del dettato delle leggi create per una società violenta:

I pochi ricchi godono dell'opulenza senza temere la fame di molti poveri, e i poveri stancano pacificamente le braccia arando le possessioni di un uomo solo; la guerra, l'avidità di guadagno e l'odio della noia s'erano per la protezione di questa giustizia convertiti in onore militare, in industria commerciale e in arti e scienze di utilità e di diletto, (Sull'origine e i limiti della giustizia).

Ma all'ideologia dei romantici Foscolo non poté contrapporre un'altra ideologia e altri valori perché la sua polemica è individuale, quella di un artista eccezionale fuori posto (non solo perché operante in Inghilterra ma per la consequenzialità con la propria storia interna) nei confronti della realtà e dei problemi italiani.