Capitolo 13: L'Illuminismo: metodo scientifico e letteratura
Paragrafo 3: Viaggiatori e giornalisti


I letterati del secondo Settecento sono sorretti dalla fiducia «scientista» e sono intrisi di illuministica «filosofia». In questa età si avvertono i segni che una società vetusta è tramontata e che per la prima volta le strutture gnoseologiche, caratterizzate dalla scienza hanno sostituito quella del classicismo tradizionale. La filosofia eterna, le misure perfette sono cadute e l'uomo è guidato dalla ragione e dalle idee. Il nuovo spirito filosofico si crea anche i nuovi strumenti di comunicazione, il giornale, il libello per formare un'opinione pubblica.
I giornali («Caffè», «Frusta letteraria», «Gazzetta veneta», «Osservatore») sono nettamente diversi da quelli eruditi dell'età dell'Arcadia, i ragionamenti in essi contenuti sono didascalici, briosi, chiari, trattano di diversi argomenti tenendo sempre in vista soggetti di utilità comune.
L'enciclopedismo filosofico, il metodo di risolvere i problemi per mezzo della filosofia, si ritrovava anche nei periodici e serviva a contrastare i pregiudizi, le false opinioni, a diffondere i lumi. Arcadi, retori, parolai, cruscanti, grammatici sono condannati in quanto partecipi dell'accademismo, avversato dagli illuministi semplificatori della sintassi e lontani dalla gravità della nostra prosa.
Ai grandi tomi che gli eruditi dell'età dell'Arcadia accumulavano come monumenti di un sapere controllato e stabile lavorando nelle biblioteche con la calma consapevolezza di gettare i fondamenti di una storia degli uomini iscritta nei disegni provvidenziali gli illuministi sostituiscono i libelli, i pamphlets, i saggi, gli articoli ricchi di nuove considerazioni e idee.
La bella «storia». il bel «sistema». la bella «letteratura» vengono dirotti e spezzati, tutto è analizzato sulla bbase della nuova scienza borghese divulgatrice e illuminatrice.
Il nuovo scrittore non è più il letterato da tavolino ma il viaggiatore cosmopolita il quale osserva «de visu» la realtà del nostro e degli altri paesi non per fare inarcare le ciglia e meravigliare ma per intendere nel movimento culturale unitario del quale partecipa, lo spirito dei popoli e delle nazioni.
Dalla Francia gli scrittori apprendono i modi di filosofare intorno alla morale e alla religione, di discutere intorno alla costituzione degli Stati, alle scienze. A questa generale «conversazione» rinnovatrice perché dissacratrice degli ideali di un mondo rimasto immobile per secoli, partecipano le dame, i filosofi, nei luoghi pubblici degli scrittori (i caffè, le poste. i ritrovi, i ridotti, le sale) e in quelli privati (i salotti) nonché per mezzo dei carteggi continui e minuziosamente informatori, nelle relazioni di viaggi che comunicano da un capo all'altro d'Italia gli avvenimenti che riguardano la cultura. le scienze, le persone dei filosofi e gli ambienti.
Con un certo senso di disprezzo anche morale la critica letteraria ha giudicato non poche volte giornalisti, viaggiatori, romanzieri del Settecento definendoli «avventurieri». Certamente era una «ventura» diversa da quella degli eruditi il modo di vivere di questi scrittori tra i quali poté esservi spregiudicatezza ma in cui c'era soprattutto il sentimento della novità scientifica che non può essere giudicata con criteri letterari né, tanto meno, col moralismo.
Giuseppe Gorani (1740-1819) milanese è un esemplare della varietà di interessi che sono creati dai viaggi e dalla partecipazione, anche disavventurata, alla vita politica e culturale. Destinato ad essere barnabita scelse, invece, la carriera delle armi e partecipò alla guerra dei Sette anni durante la quale fu fatto prigioniero.
Visitò la Prussia, ammirò l'opera di organizzazione statale moderna di Federico II, ascoltò anche lezioni di Kant. La cultura che aveva ricevuta in Italia era accademica e limitata ma i successivi viaggi in Corsica, Sardegna, Grecia, Turchia, Spagna, Portogallo lo resero europeo. Preparò progetti rivoluzionari per i paesi arretrati, ebbe incarichi diplomatici e militari in Portogallo, Germania, Olanda.
A Milano ebbe come amici i Verri e Beccarla, in Svizzera conobbe Voltaire, in Francia Mirabeau per conto del quale compì alcune missioni. Si vantò di avere previsto lo scoppio della Rivoluzione francese e partecipò fino al 1793 alla politica rivoluzionaria ma si ritirò, come molti intellettuali, davanti al Terrore del governo di Robespierre. Europeo, deluso, Gorani fu ignoto negli ultimi anni agli stessi milanesi.
Scrisse Il vero dispotismo (1769-70) in cui vide anche la condizione di miseria delle plebi rurali e cittadine, determinata soprattutto (in questo è l'influenza di Rousseau) dagli squilibri causati dal diritto di proprietà. In altri scritti fece l'elogio di Redi, di Bandini, lasciò memorie autobiografiche e politiche nelle quali indicò nell'immobilismo e nel pigro culto delle glorie passate l'origine di tanti mali italiani.
Anche Giacomo Casanova1 (1725-98) veneziano è poligrafo viaggiatore che percorse tutta l'Europa. Ricevuti gli ordini minori seguì il vescovo Martirano in Calabria nella sua diocesi ma ben presto abbandonò la religione stremata e priva di elementi piacevoli per andare a Costantinopoli, militare a Corfù, massone a Parigi, a Dresda, Praga, Vienna, Venezia.
Evase dal veneziano carcere dei Piombi dove era stato chiuso dall'Inquisizione, si recò a Parigi e introdusse il gioco del lotto, in Olanda dove fingendosi mago sottrasse danaro e gioielli alla marchesa d'Urfé, nel 1760 conobbe Voltaire ed Haller, in seguito è in Inghilterra, Germania, Russia, Polonia, imprigionato in Spagna.
Negli ultimi anni, infelice per la decadenza fisica e la miseria, gli venne affidata la cura della biblioteca del conte di Waldstein nel castello di Dux. Qui scrisse in francese i Mémoires che giungono fino al 1774 e in cui sono l'idealizzazione del protagonista eroe dell'avventura e un quadro della società dei luoghi conosciuti.
Casanova si sofferma con un certo candore soprattutto sulle avventure erotiche e galanti perché egli si sente del tutto estraneo alla morale. «Ladro e laido vissuto in un secolo morboso» lo definì Carducci ma Casanova scrive senza volgarità e senza ipocrisie, aderendo a costumi e idee che nel secondo Settecento non erano anormali.
Diplomatico toscano di Seravezza fu Luigi Angiolini (1750-1821) il quale conobbe gli illuministi toscani, Parini, Cesarotti, Alfieri, Giuseppe Bonaparte e viaggiò in Inghilterra, Scozia, Olanda, Francia e negli ultimi anni si ritirò in una sua tenuta occupandosi di agricoltura. Le Lettere sui paesi visitati e i carteggi diplomatici mettono in rilievo la sua predilezione per le idee protestanti, per il sistema inglese di governo («la libertà di stampa è un gran freno in questo paese all'arbitrio e all'abuso che potrebbe farsi della imperfezione delle leggi») anche se l'Angiolini non tralascia di riferire sul commercio degli schiavi.
Interessante figura di mercante aperto alle idee repubblicane ed egualitarie fu Filippo Mazzei (1730-1816) di Poggio a Caiano il quale, fatta fortuna in Turchia, iniziò l'attività commerciale a Londra dove conobbe Franklin che lo invitò a stabilirsi in America. Qui giunge con contadini toscani e attrezzi agricoli, diventa amico di Jefferson col quale ritorna in Francia. A Parigi è amico dei rivoluzionari, poi si reca in Polonia e in Russia. Le sue Memorie hanno importanza documentaria.
Membro dell'Accademia di agricoltura di Belluno fu Antonio Carrera, parroco della pieve di Castion il quale sul «Giornale dell'agricoltura» (diretto dall'illuminista Griselini) scrisse articoli sullo stato dei contadini gravati da pesi economici insostenibili (riserva di sementi, sale pastorizio, acquisto di strumenti di lavoro, mantenimento «non già stentato e frugale, ma comodo e decoroso del loro parroco», restauro della chiesa e delle trenta cappelle delle ville, spese per paramenti e vasi sacri, per visite pastorali, rifacimento di campanili e campane percossi dai fulmini, spese civiche, forensi, militari etc.). Nonostante la condizione feudale

il contadino è il più mal veduto di tutti gli uomini. Egli è tenuto in sommo disprezzo ed avvilimento appresso tutti gli ordini della cittadinanza, quasi fosse non già uomo eguale agli altri, ma il vero giumento della spezie umana, anzi il rifiuto, e l'obbrobrio della natura.

Per mezzo del «Giornale enciclopedico» Helvétius fu fatto conoscere nel Veneto da Elisabetta Caminer Turra (1751-96) veneziana amica di illuministi.
Di lei si innamorò a Vicenza il padovano Alberto Fortis (1741-1803) che collaborò al «Giornale» con il suo gusto elegante. Fortis fu soprattutto naturalista, amico di Lazzaro Spallanzani e autore di un Viaggio in Dalmazia (1774); altri viaggi per ricerche compì a Ponza, sull'Etna, nei Colli euganei.
Vita inquieta fu quella di Lorenzo Da Ponte (1749-1838) di Céneda (oggi Vittorio Veneto), israelita convertitosi al cattolicesimo e sacerdote, condannato per irregolarità dal Tribunale della bestemmia di Venezia, esule a Gorizia, Dresda, Vienna dove conobbe Metastasio e gli successe quale poeta cesareo, autore di melodrammi e collaboratore di Mozart per il quale scrisse Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte. Sposatosi con una giovane inglese viaggiò per l'Europa, cadde in miseria, a Londra aprì una libreria italiana e nel 1805 si imbarcò per gli Stati Uniti e insegnò letteratura italiana a New York dove morì. Le Memorie ebbero grande fortuna per la loro piacevolezza (indimenticabile è il racconto della bella e giovane locandiera tedesca che si innamora di lui) e per i personaggi tipici che presenta del mondo settecentesco: avventurieri, attori, dame, giocatori, mendicanti, ricchi.
Oltre che a scrivere commedie si dedicò al romanzo (ne compose quaranta) Pietro Chiari (1711-85) bresciano, entrato e uscito dalla Compagnia di Gesù, autore di consumo, pronto ad adeguarsi ai gusti del pubblico. Tra i suoi romanzi ricordiamo La filosofessa italiana, La ballerina onorata, La giuocatrice di lotto, La cantatrice in disgrazia.
Tra i viaggiatori Aurelio Bertola con il Viaggio pittorico e sentimentale sul Reno (1795) porta una sensibilità nuova volgendosi al descrittivo per esprimere le vibrazioni delle impressioni degli spettacoli naturali. Egli introdusse in Italia la nuova letteratura tedesca con l'Idea della bella letteratura alemanna (1784) e l'etica poetica di Salomone Gessner fondata sulla semplicità della vita e sulla natura dispensatrice di felicità.
Una riflessione su questi viaggiatori e giornalisti ci indica che essi, con i filosofi, i mercanti (e alcuni di essi furono mercanti anche in Turchia o nella Virginia), sono personaggi nuovi e diversi, illuministi o vicini allo spirito nuovo, cosmopoliti per formazione o perché costretti a esulare, di idee democratiche anche fuori d'Italia o che fuori d'Italia acquistarono idee democratiche. La loro formazione e i loro studi non sono quelli dell'Arcadia.
Questi scrittori rappresentano con le loro, spesso spezzate, linee di sviluppo, elementi di trasformazione della tradizione conservatrice italiana, sono elementi catalizzatori del mutamento indispensabile per una attiva aggregazione prima liberale e poi nazionale e tutti gli sparsi motivi di disgregazione del vecchio tessuto sono anche i primi di una nuova composizione. Sullo sfondo la Rivoluzione francese è il grande avvenimento che centralizza le forze storiche e ideali raccogliendole in tensioni organizzatrici di nuovi organismi.