Capitolo 10: Società e letteratura nell'età barocca
Paragrafo 5: La prosa
la più stupenda e gloriosa macchina che fabbrichi l'ingegno». Egli stesso scrisse il Calloandro fedele (1652-53), romanzo a lieto fine ricco di peripezie, equivoci e sorprese, tradotto in francese, imitato da Corneille. Il libro fissa modi romanzeschi che diventeranno convenzionali («
Così detto, diegli la mano di sposa ed egli, baciatala disse: Io non osai, Tigrinda, scoprirmivi prima d'ora, toltomene da voi medesima l'ardire…») come la Dianea del veneziano Giovan Loredana (1606-1661) che si muove su un piano melodrammatico («
Infelice Astidamo, morto senza gli ultimi abbracciamenti di Dianea. Ma come averesti potuto soffrire la presenza di colei, ch'è stata la cagione della tua morte? […] O rigori del Destino, o necessità inesorabili del Fato!») al pari dei diversi Armelinda, Stratonica, Il Brancaleone, Astrea di altri autori.
la culla del silenzio e le fasce dell'attenzione» al Verbo divino che la sua voce sta per partorire; l'Achillini, nel tratteggiare un frate predicante con ardore Cristo crocefisso tanto da ridurre l'uditorio «
a termini di mortale agonia», scrive che il predicatore macilento è «
una lana agitata che sgrida, un mantello vocale, un capuccio che atterrisce, un fuoco che scintilla fuori delle ceneri, una nuvola bigia che tuona spaventi, una penitenza spirante».
stile concettoso» ma egli stesso non è capace di diversificarsi da quello stile che, anzi, rende pomposo e squillante. Entrato a sedici anni fra i gesuiti insegnò rettorica a Parma, predicò in molti luoghi, da Piacenza a Palermo, a Malta; incaricato di scrivere la storia della sua compagnia visse a Roma dove fu rettore del collegio romano.
Per Bartoli idea di Dio e di creazione esaltano l'infinità divina e ci richiamano alla necessità della nostra finitezza e dell'obbedienza. Sono in lui la religiosità come sentimento poetico della creazione divina, il virtuosismo delle descrizioni naturali esercitato con effetti di stile che si confondono con il desiderio di persuadere. Scrisse la Storia della Compagnia di Gesù in ventisette libri, contenente la vita di S. Ignazio e il racconto delle missioni, i cui pregi furono esagerati retoricamente da Giordani e dal Carducci; numerose sono le opere di argomento scientifico, religioso, morale, grammaticale. Di queste non poche hanno sapore libresco, altra come L'uomo di lettere (1654) è un trattato di estetica pedagogica, la Ricreazione del savio (1659) è una lode a Dio per le bellezze create.
Ma in tutte c'è l'immagine di un uomo sereno, letteratissimo con poche idee filosofiche, meravigliato per tutti gli spettacoli che guarda; lo sguardo è quello barocco. Si veda la descrizione delle acque delle fontane di Roma:
Veggonsi giù dalle gromme e dài tàrtari d'ampissime nicchie stillare a goccia a goccia in minutissima pioggia, sicché meglio non sanno ripartirla le nuvole sulla terra;
D'un informe corpaccio grande quanto un mediocre cavallo; l'orribil capo tutto cosa di drago; bocca grande e squarciata, denti acutissimi, occhi focosi e sanguigni, due grandi orecchie spenzolate, e un fiato di mortalissimo veleno […]. Tutto era macchiato di rotelle, verdi, nere, sanguigne, fosche: segni e fior di veleno […]. Andava su quattro piedi e le sue branche aveva armate di terribili unghie.
Un funestissimo annunzio son qui a recarvi, o miei riveriti uditori […]. Ma che gioverebbe il tacere? Il dissimular che varrebbe? Ve lo dirò. Tutti, quanti noi siamo, o giovani, o vecchi, o padroni, o servi, o nobili, o popolari, tutti dobbiamo finalmente morire.
latrati»), enciclopedia satirica delle sue esperienze in cui si proponeva di fare «
una caccia generale di tutti i vizi». Il cane di Diogene gira per l'Oriente e nel Tribunale della critica indaga sui vizi degli scrittori.
Frugoni è per i moderni: Boccaccio se tornasse in vita «
boccheggerebbe dallo stupore, attonito e trasecolato», Dante «
autore di stampa antica e di frase oscura» in tutta la Commedia vale meno di un sonetto dei moderni tra i quali il maggiore è il Tasso. La prosa di Frugoni ha esiti parossistici barocchi nei suoi due livelli, sia in quello narrativo che in quello di divertimento linguistico. Scrisse anche un romanzo, La vergine parigina (1661), la biografia di Aurelia Grimaldi (L'eroina intrepida, 1673), melodrammi.
Con l'Oggidì, overo il mondo non peggiore né più calamitoso del passato (1623), nei Farfalloni de gli antichi istorici (1636-37), in Chi l'indovina è savio, overo la prudenza umana fallacissima (1640) il Lancellotti, — che fu letterato enciclopedizzante, erudito e moralista — si inserisce nella questione della superiorità dei moderni o degli antichi che rappresenta per i secentisti la polemica per liberarsi dall'«
emulazione» degli antichi.
L'«
oggidì» per Lancellotti è un'età d'oro rispetto ai tempi antichi zeppi di errori e di leggende mistificatrici.
1 Daniello Bartoli
Tipico esponente della politica culturale svolta nel Seicento dall'ordine gesuitico, DANIELLO BARTOLI avrebbe voluto dedicarsi all'attività missionaria nelle terre d'Oriente, ma i suoi superiori, apprezzandone le doti d'ingegno e di cultura, lo destinarono prima all'insegnamento e alla predicazione e poi all'incarico di storico della Compagnia.
Portato non alla sintesi ma alla sapiente descrizione di cose, note di costume e caratteristiche geografiche colte con gusto scenografico e decorativo, Bartoli visse una vita sedentaria di solitario studioso, percorrendo il mondo sulle pagine delle relazioni dei suoi confratelli e scrivendo una mole imponente di opere (biografiche, agiografiche, morali, religiose, di argomento scientifico, linguistico, grammaticale).
2 Paolo Segneri
Professore di retorica nel Collegio romano, in seguito predicatore e teologo della corte pontificia, PAOLO SEGNERI fu animato da entusiasmo ascetico di controriformista e svolse per un certo periodo attività missionaria fra le popolazioni rurali dell'Italia settentrionale e centrale.
Esaltato da contemporanei e gesuiti, stroncato da critici romantici e laicisti, fu il più illustre cultore e il riformatore dell'oratoria sacra che in quei tempi, in stretta relazione con la poetica barocca e la politica culturale gesuitica, mirava a persuadere più con l'eleganza e la sorpresa degli espedienti formali che con la serietà degli argomenti.
Le sue opere (prediche, scritti di meditazione e di morale) sono animate da autentica fede, ma non sono del tutto esenti dal gusto enfatico e teatrale.
3 Francesco Fulvio Frugoni
Predicatore e scrittore intriso di sapienza retorica, animato da un senso spiccato della propria personalità ma anche tendente a un'arte di carattere pedagogico, fu FRANCESCO FULVIO FRUGONI, l'esponente più significativo della prosa d'arte barocca. La sua fama è affidata al Cane di Diogene, opera satirica — ma è satira prevalentemente intellettualistica — con cui pensava di inserirsi in una tradizione risalente a Petronio, Luciano e Rabelais.
Fra le opere minori (Frugoni, come molti altri in questo secolo così ricco di letteratura e povero di autentica poesia, si cimentò nei generi più disparati) ricordiamo il poema giocoso La guardinfanteide (sulla nuova moda proveniente dalla Spagna), un dramma musicale, il balletto Le vittorie di Minerva, etc.
Antonio Piromalli, Storia della letteratura italiana, Cap. 10, Par. 5 , http://www.storiadellaletteratura.it/main.php?cap=10&par=10
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