Capitolo

18

Le contraddizioni sociali e culturali dell'età umbertina


PREMIO ANTONIO PIROMALLI
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Giovanni Verga

(nota al capitolo 18, paragrafo 4)

Se è vero che nello svolgimento della narrativa di GIOVANNI VERGA si possono cogliere i vari momenti dell'evoluzione del romanzo italiano ottocentesco (dal romanzo storico a quello veristico, attraverso l'esperienza intermedia delle narrazioni di gusto psicologico e sentimentale), è altrettanto indiscutibile che già nelle prime opere si possono individuare motivi che preludono alla più genuina ispirazione realistica dello scrittore.
L'adesione al verismo e alla teoria dell'impersonalità comportò l'adozione di un linguaggio e uno stile antiletterari e antiaccademici che, adeguandosi alla psicologia e alla condizione sociale dei personaggi, si richiamavano alla sintassi dialettale, ma non escludevano la contenuta partecipazione dell'autore alle vicende e l'atteggiamento critico nei confronti di una società, quella borghese, cui pure non si riconoscono alternative.
E la lingua dialettale e la polemica antiborghese furono, insieme con la coincidenza dei fortunatissimi fenomeni del fogazzarismo e del dannunzianesimo, fra i motivi che determinarono l'insuccesso dei romanzi verghiani alla fine dell'Ottocento.
Solo dopo il primo conflitto mondiale si assiste a un generale e crescente apprezzamento della critica e del pubblico che guardano ormai a Verga come a uno dei più grandi narratori del secolo scorso. Il Russo, a cui si deve (1920) la prima organica valutazione della personalità e dell'opera di Verga, pose l'accento sulla funzione disciplinatrice delle dottrine veristiche sulla narrativa verghiana e sui temi («religioni») della casa e della roba, mentre la critica più recente tende a cogliere i legami tra l'ideologia e la produzione letteraria di Verga e a individuare i caratteri specifici e il valore del suo realismo nell'ambito della cultura italiana del tempo.

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